Entrare alla Grotta degli Orsi e trovarsi davanti ai resti di circa 50 Ursus speleaus deve essere stata un’emozione indescrivibile…
Torniamo nel 1986 quando alcuni boscaioli riferirono a Don Domenico Rinaldini “Dondò”, parroco di Piobbico raccoglitore di fossili e appassionato di escursionismo, di aver visto all’interno di una piccola grotta “grandi teste vaccine con i denti lunghi”. Dondò non perse tempo e assieme all’amico Paolo Castellani, alpinista e speleologo di Urbino, e a sua figlia andarono a vederla. Da subito fu chiaro ai due che fossero orsi delle caverne e non bovini. Immaginate l’emozione di trovarsi davanti a un grande “cimitero” di orsi estinti più di 12000 anni fa!
La Grotta degli Orsi nel passato
Nel racconto c’è ancora però qualcosa di non chiaro agli speleologi che hanno catalogato 60 crani, ma solo 80 vertebre e qualche decina di falangi.
Dove sono tutti gli altri resti? Dov’è il vero “cimitero” dell’Ursus Speleus del Monte Nerone?
Gli orsi erano frequentavano ampie caverne e la Grotta degli Orsi prevede un’altezza bassa che non avrebbe permesso agli orsi di stare in piedi. Inoltre tutte le ossa che furono ritrovate erano in ordine sparso, molti crani giacevano in nicchie inaccessibili ad un grande orso.
La tesi più attendibile è che la grotta, essendo posizionata in cima al Fosso del Presale, è verosimilmente ciò che rimane di un’ampio sistema eroso dalle acque e che oggi non esiste più. Presumibilmente qualche piena d’acqua ha rimescolato i resti portando a valle le ossa più piccole. Un’altra tesi prevede che questa grotta fosse un luogo dove alcuni orsi andavano in letargo nei mesi invernali approfittando del fatto che la sezione ascendente della grotta favoriva il ristagno dell’aria calda. Effettivamente essendo una specie vissuta per circa 300.000 anni, 60 orsi ritrovati sono molto pochi per parlare di “cimitero”.
Quello che è certo e che si è potuto constatare erano però giganteschi crani lungi fino a mezzo metro, mandibole possenti con canini enormi e lunghe ossa di dimensioni impressionanti. L’orso speleo del Nerone si è rivelato infatti come tra i più grandi mai rinvenuti.
Quel giacimento di ossa, o almeno parte di esso, si trova oggi al museo Brancaleoni di Piobbico, dove lo speleologo Marco Bani ha studiato e portato le ossa recuperate nella grotta.
Accesso alla Grotta degli Orsi
L’accesso alla Grotta degli Orsi è abbastanza comodo e avviene dal sentiero che dalla strada di Rocca Leonella sale al Nerone. Parcheggiamo l’automobile (indicazioni Google Maps disponibili qui) e proseguiamo in saliscendi lungo un breve sentiero mai difficile (n. 215). Poco prima di attraversare il Fosso Presale, occorre risalire un breve pendio sulla destra dove si intravvede un ampio antro che sovrasta il fosso.
Descrizione dell’itinerario
La grotta di presenta con uno sviluppo planimetrico di circa 16 metri e con una sezione ascendente di circa 2 metri. L’altezza è variabile ma non consente di procedere in piedi se non nel tratto iniziale dell’ingresso.
Nelle vicinanze della grotta
La zona del Fosso del Presale è una zona selvaggia che presenta numerose grotte, un bellissimo canyon e numerosi sentieri. Ti consigliamo di visitare anche:
- Anello delle 4 grotte
- Grotta del Borghetto
- Grotta dei Clasti
- Forra del Presale
- Arco di Fondarca e Grotta delle Nottole
- Grotta dei Prosciutti
- Grotta delle Tassare
- Grotta dei Cinque Laghi
- Grotta della Tila
Si ringrazia il Gruppo Speleologico Urbinate -GSU- e il libro “Monte Nerone Segreto” di Marco Bani per le informazioni messe a disposizione.
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