
Lunghezza Forra: 2400 m
Altitudine massima: 825 m
Altitudine minima: 460 m
Totale discesa: 4h 30m
Scesi alcuni scivoli ci si trova davanti ad una serie di lunghi salti verticali in ambiente aperto. Tra le varie cascate è rimarchevole quella di 70 m. Dopo la sequenza di salti verticali l’ambiente tende ad allargarsi, con pozze alternate a scivoli fino a 10 m. Avanzando nel corso d’acqua si giunge ad una verticale di 20 m, dopodiché si attraversa la valle fino ad un’ ultima cascata di 12 m, alla cui base è sita una piccola “marmitta dei giganti”. Di qui si segue il greto del torrente fino all’uscita.
Successione dei salti: 10; 70; 40; 15; 10; 20; 12.
Dislivello: 365m –da quota 825 a quota 460.
Tempo di avvicinamento: 10 min.
Tempo di uscita: 20 min.
Tempo di percorrenza: 2/3 ore.
Periodo consigliato: marzo/maggio e ottobre/novembre
Difficoltà complessive: da poco difficile a difficile secondo la portata.
E’ il toponimo che identifica i “cupi di fiamma” meglio noti come “i cupi”. Hanno una estensione di 5 km² ca. la maggior parte coperti a bosco. Fino a non molti anni fa il bosco era una miniera per la produzione di carbone da legna che, insieme con il trasporto con i muli, ha rappresentato per i nostri nonni l’attività primaria. Ai carbonai che con i loro muli si recavano nelle piazzole per cuocere la legna, producendo carbone, era richiesta la presenza continua fino a che il carbone non fosse pronto. Questi trascorrevano giorni e notti vegliando sul fuoco nutrendosi solo di polenta, pancetta di maiale e pecorino. E’ cosi che nacque il “polentone alla carbonara” (Pianello di Cagli ottenne il Guinness World Record con 3560 kg. realizzato il 24.06.2012 ), cotto e ricotto sui carboni ardenti fino a farlo indurire per poi spezzarlo e rimetterlo nel caldaio: polenta, pecorino, pancetta, polenta. pecorino, pancetta con il calore del carbone che scioglieva il pecorino amalgamando il tutto. Lauto pasto giornaliero per il carbonaio, innaffiato da qualche buon bicchiere di vino, per alleviare le fatiche e per digerire… ecco come tali siti rimasero isolati per decenni. Solo ora si stanno riscoprendo le peculiarità dell’Orrido.