Tutto pronto, si parte per le Alpi Apuane
È sabato mattina e mi suona il telefono: è Stratos, un grande amico del Gruppo Speleologico Urbino. Mi comunica di aver trovato una casa per la notte a Fabbiano, nel comune di Seravezza (LU). L’appuntamento e alle ore 21:30 al ristorante Michelangelo di Azzano. Fabbiano è un minuscolo e caratteristico borgo sito sopra Seravezza. Guarda dall’alto Forte dei Marmi, qui si respira però l’aria della tranquillità, un paesino dove il tempo sembra essersi fermato, ideale per giornate in relax gustandosi un bellissimo panorama e dell’ottimo cibo.
Siamo in 19 e arriviamo a Fabbiano in serata: una squadra va ad armare l’uscita della grotta (Buca del serpente) e l’altra, come nelle migliori tradizioni speleo, fa un aperitivo di saluto. Siamo in tanti e proveniamo da quattro differenti regioni, ci si vede solo nelle grandi occasioni. Ecco questa è una di quelle, da non farsi sfuggire.
Gli speleo, una grande famiglia
Per l’occasione, noi del GSU possiamo contare anche su Alberto Gaudio, geologo e geofisico trasferitosi da qualche anno in Texas, ma in Italia in questi giorni. Ci ha raggiunto anche Flavio Ghiro, coordinatore nazionale delle scuole di speleologia fino al 2017, Stefano Olivucci, presidente del comitato organizzativo del raduno internazionale di speleologia Nuvole 2018, tecnico del soccorso speleo che conosce molto bene la grotta, e Giampaolo Zaniboni, un grandissimo della fotografia speleonaturalistica. Sono presenti tutti gli ingredienti giusti per un interessante fine settimana.
La serata scorre velocemente in allegria con la cena e le tante risate. Alle 01:00 siamo dentro il sacco a pelo, la sveglia è puntata alle 6:30 obbiettivo entrare in grotta prima delle 10:00. Chiudo gli occhi e i pensieri iniziano il loro viaggio, ripercorro la grotta, ripenso all’ultima volta che vi entrai. Sono passati 10 anni, mi dico, è ora di riposare, domani servono energie.
Il giorno della traversata
Apro gli occhi e mi affaccio alla finestra, davanti a me in lontananza vedo il mare con i colori dell’alba che dipingono le bianche montagne di marmo. L’aria frizzante mi ricorda che siamo in inverno, é il momento che aspettavo da un po’. Finalmente si torna al Corchia per effettuare un lungo percorso, suggestivo e divertente, in una delle grotte italiane più importanti. Entreremo dall’ingresso Eolo, in corrispondenza della cava di marmo di Levigliani, affronteremo una decina di pozzi tra cui il “Pozzacchione” di 60 metri nel vuoto e il “Portello” con la sua lunga verticale aerea di 40 metri, per ritrovarci nel percorso turistico e uscire infine dalla “Buca del serpente“, 8-10 ore più tardi.
L’Antro del Corchia, la grotta più estesa d’Italia
L’Antro del Corchia è la grotta italiana più estesa con i sui 53 km di gallerie rilevate, racchiuse in un reticolo tridimensionale di marmi e dolomie di circa 2km di lunghezza e 1km di larghezza, un sistema carsico di estrema complessità morfologica ed evolutiva che conta 13 ingressi per un dislivello massimo di circa 1200 metri. Numeri a parte, il tratto iniziale si mostra subito interessante con un modesto canyon dalle pareti incise dalle impronte di corrente dette anche scallops (ovvero forme incave a cucchiaio scavate nella roccia dai piccoli vortici di un flusso di acqua turbolento contenente detriti). Sembra di camminare sulla neve, bianca, soffice e ventata, ma qui gli scarponi non affondano, hanno una buona presa. Procediamo con attenzione scavalcando ripetutamente il canyon.
Date le rigide temperature esterne troviamo anche delle piccole stalattiti di ghiaccio. Dopo una serie di pozzi in ambienti non molto grandi, si arriva finalmente al “Pozzacchione” e, come previsto, qua si perde un po’ di tempo. Siamo in tanti, abbiamo 60 metri di vuoto sotto di noi, e c’è da armare un frazionamento semiaereo. Il cuore batte forte prima di lasciarsi inghiottire dal buio.
Sono passate più di 4 ore da quando siamo entrati, ormai siamo un tutt’uno con la montagna. La tensione si allenta e la grotta cambia nuovamente, lasciando spazio a grandi ambienti. Scendiamo velocemente il caratteristico “Pozzo delle lame” e il suo poco comodo frazionamento disassato arrivando al “Pozzo del portello” con i suoi 40 metri di vertigine. Un attimo di apprensione, quando sono con le gambe a penzoloni nel vuoto e devo togliere la longe di sicurezza per iniziare a scendere. Dopo 18 anni di speleologia, quel momento è sempre il più delicato e adrenalinico. Tolgo la longe. La corda nel discensore va in tensione. Respiro. Sono pronto per la discesa a centro pozzo. Scendo lontano dalle pareti, godo della vista privilegiata su un’alta cascata.
In breve tempo ci troviamo nel percorso turistico che percorriamo fino a raggiungere la porta chiusa di ingresso, il percorso turistico è infatti aperto solo da aprile a dicembre. Saliamo lungo una frana che ci conduce al pozzo conclusivo ma armato la sera precedente dall’esterno (grazie Stefano!), per poi affrontare la “Buca del serpente” e strisciare tra saliscendi sinuosi e strettoie del piano di faglia.
Sono le 21:00, mancano pochi metri all’uscita. Sto strisciando ipnotizzato tra le rocce nella “Buca del serpente”. Alzo lo sguardo e vedo incorniciata dal cunicolo di accesso la luna che risplende e in faccia sento aria, tanta aria. È il respiro della grotta che mi risveglia. Sono fuori. Stanco ma contento.
Grazie a tutti gli amici del Gruppo Speleologico Urbino che con la loro esperienza e simpatia hanno contribuito a rendere unica e irripetibile questa giornata.
In ordine nella foto di gruppo: Gabriella, Lino, Alberto, Federica (GSFa), Franco (GSFa), Alessandro, Tatiana, Massimo, Pietro, Manlio, Enrico, Stratos, Vicky, Alessandro, Io, Stefano (GSFa) e Flavio.
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